“Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’ ….” esordiva un capolavoro musicale del compianto Lucio Dalla. Mi distraggo, oggi, ma da cosa esattamente?
Dalle preoccupazioni che affliggono un grande paese, come l’Italia! La culla mondiale della cultura, del turismo, delle eccelse menti illuminate e creative, che tutto il mondo ci invidia e tenta di imitare.
Perché, con tutti questi eccellenti presupposti, dobbiamo preoccuparci?
Al netto della terribile e ancora preoccupante evoluzione della pandemia, l’Italia è messa male. Le istituzionali e rassicuranti parole del presidente Mattarella, nel discorso di fine anno, apprezzabili e sempre equilibrate, non bastano più a garantire la dovuta serenità al popolo italiano.
La partita è molto più complessa e per i giovani, che dovrebbero prendersi il futuro, rischia di diventare un calvario senza fine.
Senza la pretesa di un’analisi perfetta, profonda ed esaustiva, in ordine sparso, ecco le principali criticità, ancora irrisolte, che condizionano il futuro:
1) le infrastrutture vetuste e decadenti su un territorio con un cronico dissesto idrogeologico: i fondi previsti non coprono neanche il 10% di quanto effettivamente necessario e, inoltre, sarebbe di fondamentale importanza avere una governance adeguata per la gestione degli stessi;
2) l’occupazione e la politica economica: le condizioni-quadro, nelle quali operano le aziende, sono anch’esse superate. Il mondo è cambiato e la globalizzazione, in atto da qualche lustro, ha cambiato le regole del gioco che i diversi governi non hanno ancora saputo calare e declinare nella realtà italiana. È ora di porvi rimedio, altrimenti le delocalizzazioni saranno sempre più frequenti e l’occupazione diventerà il problema dei problemi;
3) le giovani generazioni: giovani prendetevi il futuro, esorta il presidente! Come possono farlo, se non sono state create le condizioni per guidare il loro cammino? I dati sulla disoccupazione giovanile sono allarmanti. Manca un vero programma per garantire dei percorsi di formazione professionale, con i dovuti incentivi alle aziende per poterli realizzare. Manca una strategia per la formazione professionale e per l’inserimento post-accademico che, tra l’altro, potrebbe assicurare sia il passaggio generazionale che quello relativo al know how delle immense competenze che le menti italiane hanno dato prova di possedere, a tutto il mondo.
4) la burocrazia e la politica fiscale: nota dolente e, forse, troppo complessa per essere esposta in breve. Ci vorrebbe un reset completo! Anche questo, tuttavia, richiederebbe un mare di risorse per creare un sistema più equo e incentivante per spingere il popolo, le aziende e gli investitori a credere di più nel sistema Italia e a tenere un corretto comportamento verso il pubblico erario, come richiesto ad ogni soggetto fiscale responsabile.
Non entro, per ragioni di spazio, nelle analisi economico-patrimoniali, con particolare riferimento al debito pubblico, vero macigno che pesa sul futuro economico italiano.
Se solo per un istante, potessimo immaginare di realizzare un realistico rientro dal debito, allora sì che riusciremmo a consegnare ai nostri figli un paese finanziariamente risanato e pronto alle delicate sfide che il mondo continua a mostrarci in tutta la loro complessità.
Il presidente Mattarella conclude: “ Avanti con fiducia”!
Al popolo italiano la fiducia non è mai mancata, ma ora, forse, al popolo serve di più e ciò che serve non risulta più rinviabile! Altrimenti i giovani accetteranno il passaggio delle consegne solo con “il benefico dell’inventario”!
Sto finendo di scrivere e, dalla radio che ho in sottofondo, è partita la canzone di Dalla,” Caro amico ti scrivo…”.
O, meglio, oggi, “Cara Italia ti scrivo…”!