Chissà se nonno Luigi avrebbe mai potuto immaginare che il suo buen retiro sulla collina di Segalari sarebbe diventato un moderno podere e che i suoi esperimenti con i vitigni autoctoni toscani avrebbero continuato ad affascinare suo nipote Alessandro dopo più di 40 anni!
Stiamo parlando di Luigi Corradini nonno materno di Alessandro Scappini che insieme a sua moglie Enrica, una giovane manager milanese innamorata della campagna toscana, è proprietario, o meglio “custode” come ama definirsi lui, del podere il Castellaccio a Castagneto Carducci che produce ottimi vini, olio e, da qualche anno, si occupa anche di ospitalità ad alto livello con suite di design costruite in aderenza ai canoni della bioarchitettura.
Tutto qui al Castellaccio è giovane e pieno di storia allo stesso tempo!
L’idea imprenditoriale di Alessandro nasce nel 2009 dopo una notte a rimuginare sulle scelte fatte da suo nonno 40 anni prima.
Era esploso da poco il mito della DOC Bolgheri, il cui consorzio nasce nel 1995 dopo l’emanazione di un disciplinare che fornisce indicazioni ferree sulla produzione di Merlot, e Cabernet Franc, varietali alloctoni in piena Toscana.
Si comprende in breve che grazie al microclima favorevole e alle condizioni del terreno, il territorio di Bolgheri diviene posizione ideale perchè allignino tutti i vitigni internazionali.
L’influenza delle grandi famiglie di viticultori italiani che hanno visto le potenzialità del territorio e di un grande comunicatore come Veronelli, hanno creato in 25 anni il fenomeno Bolgheri che tutti conosciamo.
I terreni del podere in quegli anni, in piena area Bolgheri DOC, erano vitati invece a Pugnitello, Foglia tonda, Sangiovese, vitigni autoctoni, in Italia ne contiamo più di 600, autentici e schietti come il carattere dei toscani che li hanno lavorati da secoli.
Contro il parere dell’agronomo e dell’enologo, quella notte Alessandro ascoltando il cuore molto più che la ragione, decide di continuare l’avventura dei varietali autoctoni, in totale controtendenza con quanto stava accadendo attorno a lui.
Dinostro IGT Toscana
Nel 2011 viene presentato per la prima volta il Dinostro IGT Toscana: un Sangiovese in purezza facile da bere, un vino “gastronomico” come lo definisce Alessandro “per la sua acidità che ripulisce la bocca“ e che proprio per questa acidità può invecchiare acquistando morbidezza.
Anche l’etichetta composta da vari pois realizzati ad acquarello dall’artista Andrea Carciola, richiama questo work in progress.
E successivamente viene presentato il Valente IGT Toscana un blend delle antiche uve Sangiovese, Pugnitello e Foglia Tonda, che dà vita a un vino di grande originalità, armoniosamente complesso, unico sul territorio bolgherese; un vino che rappresenta la filosofia dell’azienda fatta di storia e innovazione e che l’ha definitivamente lanciata a livello internazionale, soprattutto sul mercato nord europeo e in America grazie anche alla recensione positiva sul Washington Post di Jancis Robinson.
ORIO il primo Bolgheri DOC dell’azienda
Il 2016 vede la nascita di ORIO il primo Bolgheri DOC dell’azienda, un classico taglio bordolese Cabernet Franc, Merlot e Syrah, grazie all’acquisto di nuovi vigneti posizionati lungo la via Bolgherese.
Orio rappresenta una garanzia di piacevolezza quotidiana, una certezza come lo è, al ritorno a casa del padrone, lo scodinzolare di saluto del cane che è riprodotto sull’etichetta, e per il podere Il Castellaccio rappresenta il cambio di passo definitivo.
In questo periodo Alessandro impianta sulla collina di Segalari, affacciata sul mare, un nuovo vigneto di Cabernet Franc, coltivato ad alberello, che diviene anche il logo dell’Azienda.
La coltivazione ad alberello sottopone la pianta ad un minore stress, consentendole di trovare il proprio equilibrio naturale. Si tratta di una scelta non comune, ma adatta a quel tipo di terreno, come non comune è l’utilizzo del cavallo in vigna, che svolge mansioni di aratura ed erpicatura, preservando le piante e permettendo una maggiore ossigenazione del terreno; una viticoltura “eroica”, la definisce Alessandro raccontandoci il progetto che dà origine a Il Castellaccio Bolgheri DOC Superiore nel quale ancora una volta tradizione e innovazione vanno a braccetto.
Parliamo di un prodotto realizzato da uve Cabernet Franc in purezza e una limitata quantità di grappoli ottenuti da antiche vigne di Pugnitello, due varietali divergenti tra loro che caratterizzano e rendono unica questa bevuta.
Un vino complesso, ma inaspettatamente fresco capace di far meditare. Di nuovo presente e passato che si incontrano in un vino che rappresenta sicuramente il fiore all’occhiello della tenuta.
SOMATICO IGT Toscana
Il ventaglio dell’offerta del Podere si arricchisce dal 2015 di un nuovo vino innovativo il SOMATICO IGT Toscana, Pugnitello in purezza nel quale la creatività dell’azienda esplode sia nel bicchiere che nell’etichetta disegnata, al pari delle altre, dall’artista livornese Carciola che riporta l’immagine di un viso, sempre lo stesso ma sempre diverso per ogni annata al pari del gusto del vino al palato ad ogni vendemmia.
Un vino di grande tannicità e di grandissimo invecchiamento
ci racconta Alessandro durante la degustazione nella splendida sala degustazioni affacciata sul verde della collina.
Ancora una volta la freschezza e le basi acide sono le caratteristiche del nostro vino, solo dalle nostre migliori uve di Pugnitello si ottiene questo cru che racchiude in sé un’esuberanza sensoriale che solamente il tempo può plasmare
Alessandro, avete percorso tanta strada in 11 anni! Cosa succederà da domani al Podere il Castellaccio?
Io ho avuto il grandissimo privilegio di iniziare un’attività, ho potuto trasfondere in essa la mia personalità, la mia voglia di fare, la mia passione per questo lavoro magico; se penso al vino io penso a qualcosa di antico, puro, poetico, penso alla storia di mio nonno che va nel Chianti a comprare le barbatelle da portare qui in collina, penso all’artigianalità con la quale ci dedichiamo alla nostra vite, penso alle vendemmie che vanno da agosto ad ottobre per rispettare i tempi dettati dai diversi varietali.
Qui a Bolgheri abbiamo dei grandi e dei grandissimi che battono il tempo, ci indicano la strada e ci tengono in riga e poi ci sono degli artigiani del vino come me che fanno sperimentazione, che possono permettersi il lusso di essere creativi, bizzarri, forse un po’ folli.
Insieme scriviamo la storia di questo territorio che è ancora molto giovane, ma ha già alle spalle successi unici. Bolgheri è la denominazione che sta vendendo di più in Italia ad oggi, ma non abbiamo ancora la storicità di altre e questo, soprattutto a livello internazionale, si sente. Dobbiamo continuare a lavorare a testa bassa come abbiamo fatto fino ad ora investendo su noi stessi e sulla qualità.
Durante le degustazioni nel mio podere io racconto tutto questo; non i macchinari super sofisticati che identificano dal colore del grappolo il momento giusto per vinificare, ma il contadino che testa, osserva, assaggia. Noi siamo artigiani del vino e io racconto un lavoro a misura d’uomo.
Questa è la mia strategia accanto ai giganti: l’umanizzazione e la differenziazione e il mondo del vino dimostra di apprezzare moltissimo questi aspetti.
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