L’emergenza coronavirus ha fatto scendere in campo molti comparti dell’imprenditoria italiana.
La filiera del tessile sta convertendo le proprie linee produttive per far fronte alla necessità di produrre mascherine e camici monouso indossati da medici e infermieri in tutti gli ospedali
Tra chi si è immediatamente attivato su questo fronte c’è Miroglio. Il gruppo tessile di Alba ha risposto all’appello del presidente della Regione Piemonte e, dal momento in cui i prototipi sono stati giudicati idonei dall’unità di crisi di Torino, ha avviato la produzione di 600mila mascherine in due settimane.
Anche Artemisia, azienda tessile di Castel Goffredo, in provincia di Mantova, si è messa al lavoro senza aspettare la certificazione ufficiale dell’Istituto superiore di sanità.
All’inizio ero restio, perché sapevo di non poter produrre in tempi brevi un prodotto che potesse essere certificato come dispositivo medico. Ma poi l’Ospedale di Bergamo ci ha detto: qualsiasi cosa è meglio che usare le lenzuola tagliate. E allora abbiamo cominciato a produrre
Così dichiara a Il Sole 24 Ore Stefano Bottura, titolare dell’impresa, che abitualmente si occupa di abbigliamento intimo esternabile e tecnico. Al momento, sta producendo 10mila mascherine al giorno e sviluppando alcuni prototipi certificabili come Dpi.
Lo stesso ha fatto Santini, azienda di Bergamo specializzata nell’abbigliamento tecnico per il ciclismo, che ora realizza 4mila mascherine al giorno.
Mentre le imprese si attivano, Confindustria Moda lancia un appello per la fornitura di tessuto non tessuto (Tnt) idrorepellente necessario alla produzione di mascherine, camici e calzari. Tra le realtà che si sono candidate, figura anche la Sartoria Sociale del Museo Tessile di Chieri, nel torinese, che si dice pronta a confezionare mascherine e camici gratuitamente.[:]